L'architettura come catalizzatore di trasformazione culturale e coinvolgimento della comunità. Dialogo a tre, a Venezia, per comprendere come il grande progetto modenese possa diventare strumento di trasformazione culturale e sociale, intrecciando memoria e futuro
“L’architettura come catalizzatore di trasformazione culturale e coinvolgimento della comunità. La lezione del Sant’Agostino a Modena”, questo il titolo dell’incontro che si è svolto il 9 settembre presso lo Speackers’ Corner della Biennale di Architettura di Venezia. A discutere di come il progetto di riqualificazione del Complesso dell’Ex Sant’Agostino rappresenti un catalizzatore di trasformazione culturale, sociale e urbana, sono stati Matteo Tiezzi, Presidente della Fondazione di Modena, Carlo Ratti, Progettista delle opere architettoniche del complesso di Sant’Agostino e John Durant, Professore associato nel programma di scienza, tecnologia e società del MIT, intervistati da Stefano Salis, caporedattore della redazione Commenti e della Domenica del Sole 24 Ore.
La rigenerazione dell’ex complesso di Sant’Agostino diventa il punto di partenza per una riflessione sul ruolo di AGO come nuova agorà culturale della città. Non si tratta soltanto di restituire vita a un edificio storico, ma di immaginare uno spazio capace di stimolare creatività, partecipazione e dialogo tra comunità locali e orizzonti internazionali. La discussione punta a mettere in luce come l’architettura, lungi dall’essere un semplice contenitore, possa trasformarsi in un vero catalizzatore sociale: un ponte tra memoria e futuro, in grado di custodire le tracce del passato e, al tempo stesso, aprirsi a nuove pratiche collettive.
In tal senso, tema centrale è quello della prossimità: l’architettura e la programmazione culturale non solo come strumenti di rigenerazione urbana, ma come leve per costruire una città più inclusiva, dinamica e orientata alla partecipazione attiva dei cittadini. AGO viene così presentato non come una struttura finita, ma come un dispositivo in costante evoluzione, pensato per adattarsi alle esigenze del suo ecosistema sociale e territoriale e per generare nuove forme di sperimentazione. L’interrogativo che accompagna questa visione riguarda il futuro stesso delle città: come possono gli spazi culturali diventare veri laboratori di pratiche condivise, capaci di unire dimensione locale e prospettiva globale, e di fungere da motore per la vita culturale e civile delle generazioni a venire?
Prendendo come punto di partenza la rigenerazione architettonica dell’ex complesso di Sant’Agostino, la discussione ha messo in luce il ruolo di AGO come nuova agorà culturale, uno spazio progettato per promuovere il coinvolgimento della comunità, la produzione creativa e la partecipazione collettiva. Attraverso un dialogo tra voci italiane e internazionali, la conversazione ha affrontato il rapporto tra architettura e prossimità e il potenziale della programmazione culturale come forza trainante per una costruzione urbana inclusiva e dinamica. AGO è stato presentato non come una struttura finita, ma come un dispositivo in evoluzione per la sperimentazione e la connessione con il suo più ampio ecosistema sociale e territoriale.